Gli assistenti sessuali avranno il diploma. Ma non potranno lavorare

Gli assistenti sessuali avranno il diploma. Ma non potranno lavorare

Schermata del 2013-12-31 09:42:21

A Bologna da gennaio il primo corso di formazione per terapisti sessuali per disabili. Secondo la legge italiana però non possono esistere

GIANLUCA NICOLETTI

Sono stati annunciati i corsi per “assistenti sessuali per disabili”. Dal gennaio 2014 a Bologna, attraverso dei seminari, inizierà un’ attività didattica per chi fosse intenzionato a occuparsi professionalmente della sessualità di persone disabili.

Il corso prevede il rilascio di un diploma e tratterà la materia sotto ogni aspetto, sia tecnico, sia etico e terapeutico, sia di tariffario. L’enorme paradosso è che una figura del genere nel nostro paese non è legalmente riconosciuta, chiunque poi volesse praticare la sua professione potrebbe essere penalmente perseguibile, nel caso pubblicizzasse la sua attività.

Sembra chiaro quindi che l’iniziativa, ha lo scopo di portare concretamente all’attenzione pubblica un problema molto delicato, ma sicuramente degno di essere affrontato anche nelle sedi istituzionali. Per questa ragione a organizzare i corsi è un comitato che vuole promuovere o realizzare delle iniziative popolari mirate al riconoscimento di una figura che, come tante altre che si occupano di riabilitazione o assistenza psico-motoria, dovrebbe svolgere la sua attività professionale per il benessere di una persona non totalmente abile. Sia per problemi fisici, quanto per deficit di tipo psichico o relazionale.

Una delle voci più attive di questi ultimi anni in tale direzione è senza dubbio Maximiliano Ulivieri, oggi tra promotori del progetto. Ulivieri da tempo lavora alla creazione anche in Italia di persone capaci e consapevoli a svolgere un compito del genere, sul modello ad esempio della Svizzera. La sua è una voce sincera e portatrice di un’esperienza personale molto intensa esempre impugnata come una bandiera, perché anche al disabile potesse essere riconosciuto il diritto a una sessualità il più possibile serena. Il vero problema è naturalmente  quello dell’opinione generale rispetto al tema del piacere fisico, del benessere, della gioiosa componente gratificante dell’attività sessuale. Purtroppo la sacrosanta battaglia di Massimiliano deve farsi spazio tra due monumentali pregiudizi, che sembrano durissimi a cedere il passo a un approccio, laico e sereno, alla discussione della sessualità del disabile.

Il primo fronte è rappresentato da chi nemmeno vuol sentir nominare il tema. Il sesso già per le persone abili è considerato un’attività losca e clandestina, se praticato per solo piacere. Figuriamoci se è possibile immaginarlo praticabile per un disabile che, oltre al suo problema oggettivo, deve beccarsi pure la condanna alla continenza coatta. Quasi la sua condizione includesse l’ obbligo di una vita di angelicata astenia sessuale.

Il secondo fronte liquida il problema con un frettoloso: “Se la sbrighino da soli o chiamino delle prostitute”. Il verdetto in questo caso è ancora più sommario; esclude a priori tutta una serie di disabilità, soprattutto di tipo psichico, per cui l’ approccio al benessere fisico non può essere ridotto all’automatismo di un atto sessuale.  Ancor peggio si finge di ignorare che tale problema riguardi non solo maschi, ma anche persone di sesso femminile,  non necessariamente sempre disabili con desideri di tipo eterosessuale.

Infine, ridurre l’assistente sessuale a una figura assimilabile a chi pratichi la prostituzione è la maniera migliore per impedirne l’ accettazione serena, nell’idea che  sia professionalmente più vicino al fisioterapista, allo psicologo al logopedista all’ educatore. Si dovrebbe fare lo sforzo di considerare l’assistente sessuale come un personal trainer, piuttosto che immergerlo nel trucidume del peggiore immaginario sessuofobo, che vede in donne e uomini perduti gli unici soggetti professionalmente  autorizzati all’esercizio corporeo finalizzato al benessere e al piacere

BUON NATALE E BUONE FESTE

BUON NATALE

 

foto scattata da Angelo De Simone febbraio 2012

Multifamiliarità – 17 gennaio 2014

Sicuramente parecchi l’avranno già avuto da Federico, ma nei miei gruppi c’è sicuramente qualcuno che non l’ha ricevuto. Scusate i doppioni!

Buon fine settimana

Giovanna Penati

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Superando.it – Il mediatore lavorativo, una figura del tutto innovativa

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l mediatore lavorativo, una figura del tutto innovativa

Ovvero un profilo professionale in grado di accompagnare e monitorare l’inserimento delle persone con disabilità psichica e intellettiva nei vari contesti lavorativi: è questa una delle proposte più innovative emerse durante un incontro organizzato dall’Opera Don Calabria di Roma e dalla Comunità Capitolina di Capodarco, mirato in particolare a fotografare la situazione del settore nel Lazio

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Anche Augusto Battaglia – a suo tempo uno dei promotori della Legge 68/99 sul diritto al lavoro delle persone con disabilità – ha partecipato all’incontro di Roma

«Il percorso dell’integrazione lavorativa è ancora molto irto di ostacoli e ingabbiato tra numerose maglie burocratiche e vincoli normativi». Lo ha dichiarato Daniela Gizzi della Comunità Capodarco di Roma, aprendo l’incontro denominatoÈ tempo di partecipazione, organizzato dalla stessa Comunità Capodarco, insieme all’Opera Don Calabria, per discutere il delicato tema dell’inclusione sociale e lavorativa delle persone con disabilità psichiche e intellettive (se ne legga nel nostro giornale anche la presentazione). «Le norme – ha aggiunto Gizzi – non possono restringere le opportunità, semmai devono favorirle».

Obiettivo principale dell’iniziativa è stato sostanzialmente quello di proporre possibili soluzioni al bisogno di liberazione e di riscatto di persone realmente condannate al margine della società e forzatamente relegate all’istituzionalizzazione, specie dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Soltanto a Roma, per citare un dato, le persone con disabilità che frequentano le scuole secondarie sono 5.426 e 1.000 quelle che ogni anno terminano gli studi superiori, «ma fuori dai cancelli – come sottolineano dalla Comunità Capodarco – c’è solo il buio!».
«Molte famiglie – ha dichiarato durante l’incontro Fausto Giancaterina dell’Opera Don Calabria – si affidano alla sorte, alla parola buona di un conoscente, perché non esiste un progetto programmato e coordinato di integrazione sociale e di inserimento lavorativo per i propri figli». Nello specifico del Lazio, infatti, manca proprio un sostegno e un organismo di coordinamento e monitoraggio dei percorsi di inserimento lavorativo, siano essi riferiti al collocamento obbligatorio oppure ai tirocini; mancano in pratica i SIL(Servizi Integrazione Lavorativa), nonostante esista una Legge Regionale che ne promuove la diffusione sul territorio, che dovrebbero appunto sostenere l’integrazione lavorativa, facilitando l’assunzione di un ruolo occupazionale, in stretta collaborazione con i Centri per l’Impiego, le ASL e i Servizi Sociali Territoriali.
«Mentre ad esempio nel Veneto – ha aggiunto Giancaterina – i SIL esistono ormai dal 2001, nella nostra Regione dobbiamo accontentarci di qualche esperienza positiva».

Ma il problema del Lazio è ancora più articolato, come ha sostenuto Augusto Battaglia, già promotore della Legge 68/99 sul diritto al lavoro delle persone con disabilità, richiamando una canzone di Vasco Rossi che dice «qui non arrivano ordini…», e alludendo quindi alla mancanza di politiche di controllo, rigore, verifica e promozione di una società e di una cultura integrata e rispettosa della dignità delle persone disabili.
Battaglia ha citato poi alcune sintomatiche esperienze imprenditoriali, a cominciare da quelle dell’AMA [raccolta dei rifiuti a Roma, N.d.R.] e dell’ATAC [Agenzia del Trasporto Autoferrotranviario del Comune di Roma, N.d.R.], che hanno scoperture in organico di persone con disabilità risalenti al 2010, per non parlare delle ASL, che hanno posti vacanti per 250 unità. «Gli Enti Pubblici – ha affermato Battaglia – possono fare molto, a cominciare dai controlli sulla reale applicazione della Legge 68/99 da parte delle imprese fornitrici di beni e servizi che abbiano i requisiti previsti dalla Legge stessa; e si possono prevedere nei bandi delle clausole, cosiddette “sociali”, previste dallo stesso codice degli appalti, per cui vanno valorizzate le imprese che integrano, che accolgono persone con disabilità».

Per un lavoro, dunque, che si pone oggi come sfida, come opportunità di autorealizzazione, per una piena autonomia psicologica e sociale a livello individuale, in contesti di normalità relazionale e affettiva, Rita Cutini, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, ha auspicato «un vero e proprio cambiamento di mentalità», invitando tutti «a una cultura nuova, più responsabile, più sensibile».
Ma uno dei momenti probabilmente più interessanti dell’intero incontro è emerso quasi in conclusione, con la proposta delle organizzazioni promotrici dell’incontro riguardante l’istituzione di una figura di “mediatore lavorativo”, un profilo professionale, cioè, in grado di accompagnare e monitorare l’inserimento delle persone con disabilità psichica e intellettiva in contesti lavorativi. Si tratterebbe infatti di una scelta del tutto innovativa, che porterebbe la Regione Lazio ad essere addirittura tra le prime in Europa a dotarsene.(S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@capodarco.it.

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